Cavalcare l’hype dei titoli della difesa ma con un piano B

Diciamo subito che la settimana appena trascorsa ha ampiamente smentito la visione di breve termine che ho enunciato nell’articolo precedente.

Ne prendo atto, benché anche questa settimana ha confermato che vendere dollari ed accumulare oro protetto dal rischio cambio è comunque una buona idea.

Vediamo più nel dettaglio cosa è successo questa settimana.

Negli ultimi sette giorni i mercati azionari hanno mostrato un moderato rimbalzo complessivo, dopo l’escalation geopolitica dei giorni scorsi. A Milano il FTSE MIB ha chiuso venerdì 27 giugno a quota 39.742 punti, in rialzo di circa il 2,3% rispetto al lunedì precedente (da 38.840 a 39.742). La settimana ha visto un andamento altalenante: un primo calo a inizio settimana (condizionato dall’incertezza mediorientale) seguito da un recupero negli ultimi giorni, spinto anche da dati macro favorevoli negli Stati Uniti. A Wall Street gli indici principali hanno chiuso in rialzo la seduta di giovedì 27 giugno: il Dow Jones +0,9%, l’S&P 500 +0,8% (a 6.141 punti) e il Nasdaq +1,0% (a 20.168 punti). Sia l’S&P 500 che il Nasdaq si stanno avvicinando a nuovi massimi storici, sostenuti dall’ottimismo sui tagli dei tassi Fed e dal prevalere di notizie rassicuranti nel fronte commerciale USA-Cina e geopolitico.

I mercati obbligazionari hanno perlopiù consolidato i livelli: il rendimento del BTP Italia a 10 anni si è attestato intorno al 3,49% il 27 giugno, sostanzialmente stabile rispetto a inizio settimana, riflettendo lo smorzarsi del premio per il rischio dopo la ritrovata calma geopolitica. Analogamente, il rendimento del Treasury USA a 10 anni si è leggermente ridotto a circa 4,26% il 26 giugno (era intorno al 4,38% il 20 giugno), suggerendo che gli investitori non vedono (al momento) spinte inflazionistiche tali da mantenere i tassi ai massimi. In breve, le tensioni (e la conseguente domanda di rifugio) hanno inizialmente fatto salire i rendimenti (crollo dei prezzi), ma il cessate il fuoco ha riportato un po’ di tranquillità.

Sul fronte delle materie prime, il prezzo dell’oro ha scontato il progressivo calo delle tensioni mediorientali. Venerdì scorso l’oro in dollari è sceso a circa 3.260,70 USD/oncia, in ribasso del 2,0% rispetto al giorno precedente; complessivamente segna un calo settimanale di circa il 3%, dopo due settimane consecutive di guadagni. Secondo Trading Economics, la contrazione dei timori (il fragile cessate il fuoco tra Israele e Iran è stato mantenuto) ha ridotto la domanda di asset rifugio. Nonostante questo ultimo calo, l’oro rimane comunque su livelli elevati (+40% da un anno) grazie alle robuste vendite da parte di banche centrali e alle attese di ulteriori tagli ai tassi Fed più avanti nell’anno.

La settimana è stata fortemente influenzata dalle turbolenze geopolitiche. Fra il 22 e il 24 giugno gli Stati Uniti avevano lanciato attacchi a impianti nucleari iraniani, in risposta al conflitto in Medio Oriente; l’Iran aveva reagito lanciando missili contro basi USA (ad es. Al Udeid in Qatar). Questi eventi avevano inizialmente generato nuovi timori di escalation, spingendo gli investitori verso obbligazioni e oro. Tuttavia, una rapida mediazione ha portato venerdì 23 giugno all’annuncio di un “cessate il fuoco totale” fra USA e Iran, dopo 12 giorni di conflitto attivo. L’annuncio (rilanciato anche dal Presidente Trump sui social) ha rafforzato il sentimento di rischio: le borse hanno ritracciato al rialzo e i beni rifugio sono diminuiti di valore. In pratica, il miglioramento del clima geopolitico ha “rimosso” il premio per il rischio, come evidenziato dal leggero rialzo degli indici azionari e dal calo dei rendimenti obbligazionari citati.

Infine, sul piano politico-economico, al recente vertice NATO de L’Aja i paesi membri hanno concordato di aumentare progressivamente gli investimenti militari fino al 5% del PIL nei prossimi anni. Il patto prevede di dedicare il 3,5% del PIL alle spese militari tradizionali e un ulteriore 1,5% a spese correlate (infrastrutture, cyberdifesa, R&S). Per l’Europa e l’Italia, quest’obiettivo implica un forte incremento delle spese pubbliche in difesa (oggi intorno al 2% del PIL nel caso italiano), con importanti riflessi sui mercati finanziari. In termini di mercati obbligazionari, l’aumento del debito sovrano necessario a finanziare queste spese potrebbe esercitare pressioni al rialzo sui rendimenti in futuro. Sul mercato azionario, invece, i titoli dei settori difesa e aerospazio (caratteristica dei sottostanti di molti certificati) potrebbero essere favoriti da questa spesa extra. In sintesi, l’accordo NATO segnala per ora un maggior “peso” della difesa nell’economia, potenzialmente espansivo per il settore – ma anche fonte di squilibri di bilancio nel lungo termine.

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Investire nella difesa europea tramite un certificato

La settimana scorsa non era stata presentata la strategia su Moncler proprio perché il titolo nel frattempo era decisamente scappato al rialzo. Ci eravamo lasciati gli chiedo che i due settori che presentavano maggiore potenziale era quelli del petrolio e della Difesa. Come volevasi dimostrare sono esattamente i due settori che hanno visto i maggiori rialzi nella settimana appena passata.

Questa volta però Ritengo che la strategia che andrò a presentare sia comunque valida anche perché è una strategia da portare avanti in almeno due o tre anni sotto forma di Piano di accumulo detto anche PAC.

Ma cerchiamo di ricapitolare quale sia la situazione attuale.

La settimana è trascorsa nell’attesa di una reazione da parte di Israele in risposta al lancio di missili da Teheran. Sebbene l’attacco sia stato poco efficace, Tel Aviv ha già annunciato una controffensiva, e dato il contesto attuale delle operazioni militari israeliane, si teme che la rappresaglia possa essere estremamente violenta. Sono circolate voci riguardo possibili attacchi contro siti nucleari, installazioni petrolifere o altre infrastrutture strategiche in Iran.

Anche il presidente Biden, con una dichiarazione che ha suscitato ulteriori preoccupazioni durante la settimana, ha rivelato che gli Stati Uniti stanno valutando insieme a Israele la possibilità di colpire impianti petroliferi iraniani. I mercati temono che Teheran, non essendo in grado di fronteggiare militarmente Israele e gli Stati Uniti, possa ricorrere alla chiusura dello stretto di Hormuz, un passaggio cruciale attraverso cui transita circa un terzo del petrolio e un quarto del gas naturale liquefatto trasportato via mare nel mondo.

L’ipotesi di possibili tensioni legate alla fornitura di petrolio, combinata ai segnali di un’economia statunitense ancora robusta e alle misure di stimolo introdotte dalla Cina, potrebbe mettere in discussione le aspettative di una disinflazione lineare che sono state ampiamente accettate a livello globale.

Durante la settimana, il prezzo del petrolio è aumentato di oltre il 9%, portando il WTI oltre i 74 dollari al barile, rispetto ai 65 dollari raggiunti solo pochi giorni prima. Questo rialzo è stato in gran parte favorito dalle ricoperture, dato che il mercato era fortemente esposto a posizioni corte di natura speculativa, e nessuno voleva rischiare di rimanere scoperto durante il fine settimana, alla vigilia di un potenziale attacco agli impianti petroliferi iraniani.

Secondo me è del tutto palese quale sia la comunicazione tra difesa e mercato del petrolio e penso che quando ho scritto qui sopra ne dia una breve ma efficace sintesi.

Per venire all’argomento della Difesa, che abbiamo comunque affrontato in diversi post in questo blog, le alternative di investimento sono sostanzialmente tre:

1) scegliere dei titoli legati alla difesa e acquistarli direttamente (la più classica)

2) scegliere certificati tipo cash collect che abbiano come sottostante i titoli del punto 1

3) acquistare un paniere di titoli tutti legati alla Difesa in modo tale da non dovere subire la volatilità e di rischi legati ad un singolo titolo ma allo stesso tempo beneficiare di tutto il rialzo senza avere un cap di rendimento tipico dei certificati a cedola (il CAP è dato dalla sommatoria di tutte le cedole incassabili durante la vita del certificato)

Il terzo è quello su cui da un po’ di tempo stavo cercando di costruire una strategia trovando il prodotto adatto. Sfortunatamente non ho mai trovato un etf sul settore della Difesa che fosse quotato sul mercato italiano perché questa sarebbe stato il prodotto più adatto.

Qualche settimana fa ho notato che Vontobel hai visto da qualche mese un certificato Tracker legato proprio ad un indice che ha come sottostanti tutti i titoli europei legati alla Difesa.

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