Investire nell’immobiliare e negli affitti senza comprare casa /1

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Da sempre il mattone è uno degli investimenti preferiti dagli italiani. I motivi di questa preferenza affondano in ragioni storiche e sociali, ma alcune di esse negli ultimi anni sono però venute meno. Cerchiamo di elencarle brevemente ed analizziamo quali sono i pro ed i contro nel modo classico d’investire in questo tipo di asset (comprare direttamente un immobile) per poi iniziare a suggerire altri tipi di strumenti più efficaci e sicuri che consentono d’investire nel settore immobiliare anche per chi non ha liquidità sufficiente per comprare una casa.

  • Storicamente abbiamo dato per scontato che un immobile si rivalutasse nel tempo. Purtroppo, chi ha voluto o dovuto vendere una casa lo sa benissimo, i prezzi negli ultimi anni sono scesi considerevolmente. Il grafico qui sotto riporta i dati ISTAT sull’andamento dei prezzi delle abitazioni in Italia a partire dal 2010. La linea rossa è quella per noi più interessante poiché rappresenta la media pesata tra le nuove abitazioni e quelle già esistenti. In 6 anni si è avuto un deprezzamento medio reale del 15%, per le case esistenti siamo a quasi – 20%. (Spunto di riflessione: c’è qualcuno che sostiene che l’inflazione sia una sciagura per i proprietari, tra il 2010 ed il 2016 abbiamo avuto di tutto ma non certo l’inflazione, anzi…)
  • L’acquisto di un’abitazione viene tipicamente percepito come sicuro, principalmente perché un immobile è un bene tangibile di cui si stabilisce il vero prezzo solo alla stipula di un contratto di compra/vendita, senza percepire quotidianamente l’oscillazione dei prezzi che invece è significativa, come riportato nella figura sopra.
  • Un altro punto debole di un investimento “fai da te” è la mancanza di diversificazione. Infatti di solito chi investe direttamente nell’immobiliare lo fa con uno o due immobili e molte volte impiegando più del 50% del proprio patrimonio. Se poi si tiene conto della tassazione sulle seconde case e del tasso di morosità degli affitti che sta aumentando di anno in anno (qui qualche dato), un investimento si può trasformare in un costo.
  • Come ultimo aspetto a medio-lungo termine c’è l’aspetto demografico/salariale che in parte si collega al primo post di questo blog. Infatti sappiamo che demograficamente l’Italia è un paese che sta invecchiando e che ha un crescita demografica nulla, addirittura sarebbe negativa senza il fenomeno dell’immigrazione. Quindi vuol dire che nel futuro la domanda non crescerà. Non solo: i nuovi acquirenti avranno minore disponibilità della generazione precedente sia per le politiche di deflazione salariale sia appunto per il fenomeno dell’immigrazione.

Stabilito ciò, se conoscete bene sia la zona che l’immobile su cui desiderate investire e se avete disponibilità almeno 5 volte, il suo prezzo potete anche pensare di acquistare in maniera diretta, altrimenti esistono strumenti più efficienti che permetto di avere un’esposizione diversificata sul mercato immobiliare.

 

Questo è il primo post sull’argomento, ci ritorneremo anche in articoli futuri.

Lo strumento che andremo ad analizzare è un ETF con ISIN

La maggior parte delle società costituenti sono delle REIT (Real Estate Investment Trust), ossia società che possiedono e gestiscono immobili che producono redditi da affitti. Inoltre esse sono obbligate a ridistribuire agli azionisti almeno il 90% del loro utile tassabile, ottenuto per almeno il 75% da locazioni, mutui e vendite di immobili. Un altro aspetto che rende attrattivo tale indice attrattivo è il requisito che ogni società deve avere un dividendo annuo di almeno il 2%.

L’ETF indicato presenta attualmente un dividend yield (rendimento da distribuzione) leggermente superiore al 3% con cedole trimestrali ed un P/E pari a 16, fondamentali molto attrattivi visti gli attuali multipli di mercato.

Come ultima analisi ho effettuato due simulazioni: a partire dal 2006 cosa sarebbe successo se avessimo investito nei seguenti modi?

  1. In un’unica trance tutta “spesa” nel 2016 (valore nominale 100)
  2. In 10 trance (2006-2016) di uguale importo la cui somma è pari a quella del punto 1. Quindi un PAC da 10 trance da 10.

La figura sotto riporta i risultati:

Alcune cose da puntualizzare:

  • Il 2006 è stato scelto come anno di partenza: sia perché è stato il punto peggiore per entrare, visto che già nel 2007 il mercato ha iniziato a scendere per poi crollare nel 2008 con i mutui sub prime, sia perché 10 anni sono un arco temporale adeguato per la valutazione di questo tipo d’investimento.
  • Le linee verdi e blu rappresentano il valore normalizzato a 100 del controvalore dell’investimento / capitale investito. Quindi nel caso della linea blu il controvalore è stato diviso ogni anno sempre per lo stesso capitale, mentre per la linea verde è stata calcolata considerando un capitale investito di 1/10 in più ogni anno rispetto al 2006. Questo ci permette di confrontare l’andamento dell’investimento rispetto al capitale investito (break even point – linea rossa).

Come vedete, anche se avessimo investito proprio nel periodo peggiore, ossia all’alba dei sub-prime, e quindi avessimo visto nel 2008 il nostro investimento quasi dimezzato, avremmo comunque recuperato il capitale investito nel giro di 2 anni nel caso del PAC e di 5 nel caso dell’unica soluzione. A fine 2016 ci saremmo ritrovati con un bel + 47,8% per il PAC e + 24,9% nel caso dell’unica soluzione. Ripeto, questo pur prendendo in pieno una delle più grandi crisi finanziare (per di più generate proprio dal settore immobiliare) della storia.

Se, di contro, ci fossimo comportati da “squali” e fatti ingolosire del crollo del 2008, le percentuali sarebbe state strabilianti: +64% per il PAC e + 156% nel caso dell’unica soluzione, questa volta in soli 8 anni.

Come avrete notato un PAC (Piano di Accumulo) diminuisce la volatilità e questo comporta fare performance migliori nel caso di qualche anno di ribasso mentre sono peggiori nel caso di un mercato in costante salita. Poiché nessuno è in grado di sapere quale sia il valore minimo che si toccherà né quando lo si farà, un PAC è sempre preferibile, magari aumentando le quote nei momenti di storno e riducendole nelle fasi di rialzo.

In conclusione ritengo che questo ETF possa essere inserito in un portafoglio ben diversificato, sostituitivo di un investimento immobiliare diretto, con  un peso tra il 10% ed il 20% del patrimonio totale. Da notare infine come, a causa della sua forte diversificazione globale, tale ETF è esposto anche alle oscillazioni valutarie.

Ogni vostro commento è come sempre gradito!

 

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