Recuperare le posizioni in perdita: una strategia da oltre 31% annuo

Eccoci al rientro delle vacanze estive proprio sulla chiusura dell’ultima giornata che ho fatto registrare dei fortissimi ribassi su tutti gli indici azionari, specialmente quelli americani. Tutti i giorni è successo sulla scia nelle dichiarazioni del governatore Powell: “Ridurre l’inflazione richiederà un periodo prolungato di crescita al di sotto del trend. Faremo di tutto per riportare in equilibrio domanda e offerta“.

Il 31 luglio in maniera paradossale e provocatoria scrissi: “…ora se l’idea folle delle banche centrali è quella di andare a comprimere la domanda perché è l’unica cosa che può fare, magari alla fine riusciranno anche a far abbassare l’inflazione ma con la bella soddisfazione di averci mandato in recessione. Insomma della serie: l’operazione è riuscita ma il paziente è morto.

Se queste sono le premesse non c’è sicuramente da essere ottimisti per quanto riguarda le politiche monetarie. L’ideologia secondo la quale banca centrale non possa coordinarsi con il governo per fare politiche industriali attive volte ad aumentare l’offerta piuttosto che comprimere la domanda sarà un problema che graverà sulle spalle di tutti, specialmente quelle categorie sociali che apparentemente si vogliono tutelare dal rialzo generalizzato dell’inflazione. A ciò si somma la situazione critica di guerra non dichiarata da parte dell’Europa occidentale contro la Russia chi porterà danni all’economia europea di cui ancora non si è preso pienamente coscienza.

Ricordo che, a dispetto della retorica imperante (aggettivo non scelto a caso), le sanzioni non servono mai per mettere in crisi il sanzionato, né tanto meno per far cadere un regime, bensì per demarcare una linea ben precisa tra i due schieramenti annullando gli spazi di ambiguità tra gli alleati. In particolare la politica USA nella regione europea dell’impero è sempre stata “Russia out, Germany down” e se ci pensate con le sanzioni si ottengono esattamente entrambi gli scopi: staccare il vecchio continente dai rapporti con la Russia e mettere in difficoltà l’economia tedesca che più di tutti dipende dalla sua energia.

La stessa spinta a voler costruire un rigassificatore in Italia è proprio inquadrabile in quest’ottica: creare una struttura che fornisce energia ad un prezzo maggiore dei gasdotti attualmente già funzionanti è una scelta anti-economica ma che ha una perfetta sua logica dal punto di vista geopolitico. In altre parole quando sentirete che verranno costruiti altri rigaassificatori, vi stanno sotto sotto dicendo che pagherete bollette più care non solo per la durata del conflitto Russo Ucraino bensì strutturalmente per i prossimi decenni.

Per cui, da un lato spingiamo l’inflazione con politiche energetiche tesi ad aumentare i prezzi, dall’altro facciamo politiche monetarie volte a comprimere la domanda.

Può piacere o meno, ma questo è lo scenario a cui andremo incontro nel prossimo futuro e su questo dovremmo trattare i nostri investimenti.

Vediamo invece un paio di notizie positive che riguardano certificate presentati precedentemente:

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