Il post della scorsa settimana iniziava proprio con le seguenti parole:
“Settimana di ritracciamento per tutti gli indici azionari compreso quello italiano, conseguenza del fatto che il rally avvenuto nelle scorse sedute non era sostenibile perlomeno a quei ritmi. Io continuo ad avere forti dubbi sulla sostenibilità del rialzo per due fattori principali: […]”. Qui il proseguo dell’articolo.
Nell’ultima settimana abbiamo potuto toccare con mano quale sia l’impatto delle banche centrali e della loro politica monetaria sui corsi azionari. Ormai in maniera Sicuramente diversa sia Powell che la Lagarde ce lo hanno detto apertis verbis: Le politiche continueranno ad essere sostanzialmente restrittive e questo tutto sommato non è una novità, quello che invece è stato detto ancora più chiaramente, soprattutto da Powell è che il vero problema è la troppa occupazione. Non è un errore di battitura, trattasi proprio di occupazione e non di disoccupazione! Più volte ho citato in questo Blog la famigerata curva di Phillips che è la scusa capitalistica con cui i detentori del capitale riescono a tenere a bada le istanze dei lavoratori salariati.
So che a molti potrà sembrare un linguaggio passato di moda, ma l’analisi che il vecchio Karl Marx sui rapporti di forza dei mezzi di produzione rimane Secondo me attualissima. Un esempio è stato il periodo delle grandi dimissioni avvenuto proprio subito dopo la pandemia specialmente negli Stati Uniti.
Una società capitalistica non può permettersi che sia il capitale che rincorra il lavoro ma esattamente il contrario, specialmente se si ha intenzioni di riportare dentro i confini nazionali alcune produzioni strategiche ai fini geopolitici riguardanti le tecnologie più avanzate, in modo tale da sottrarre qualsiasi vantaggio competitivo al principale (unico?) sfidante degli USA, vale dire la Cina.
Tutto questo discorso per dirvi semplicemente che, per quanto mi riguarda, non monitorerò più quello che molti pomposamente chiamano pivot dell’inflazione, che è un po’ come Godot, bensì il tasso di disoccupazione. Quando questo crescerà in misura tale da permettere alle aziende di assumere lavoratori a condizioni migliori delle attuali, allora probabilmente le politiche monetarie in USA muteranno, e a stretto giro così almeno era anche in Europa, non prima.
Dopo tutto questo “pippone” in ottica macro, per farmi perdonare, visto anche che la prossima settimana è Natale e quindi non uscirà un altro post vi presento due certificati che hanno come sottostante Telecom Italia ma che si rivolgono a un pubblico abbastanza diverso e dando Quindi un funzionamento altrettanto diverso. Partiamo dal primo:
- Tipo: Bonus Cap
- ISIN: DE000HB9YNA3
- Sottostante: Telecom Italia
- Scadenza: 09/2023
- Bonus: 135€
- Barriera: 0,1182€
Questo Primo certificato è rivolto soprattutto a chi ha un alto profilo di rischio e ha subito delle perdite dovute al ribasso del titolo stesso Telecom Italia. Notate subito che trattandosi di un bonus cap, la barriera è continua ciò significa che basta che media toccata anche solo una volta durante la vita del prodotto è il bonus non sarà più percepibile mentre il certificato sarà una replica lineare del sottostante. D’altro canto Il guadagno potenziale è estremamente elevato visto che verrà rimborsato a settembre dell’anno prossimo ad un prezzo di €135 è acquistabile a 103€. Annualizzando così il guadagno otteniamo un 41.7%.
La barriera e altresì distante, visto che abbiamo ancora un cuscinetto pari al 41,8% ed i livelli di barriera non sono mai stati toccati nella storia del titolo. È anche vero che nella sua storia Telecom Italia ha distrutto tutti i suoi minimi storici per cui da questo titolo ci si può sempre aspettare di tutto, d’altronde un 41,7% non è mai gratis!
Il secondo certificato invece ha un profilo decisamente più conservativo anche se stiamo sempre parlando di Telecom Italia:
- Tipo: Cash Collect
- ISIN: GB00BQP57C21
- Sottostante: Telecom Italia
- Scadenza: 03/11/2025
- Cedola: 0,75€ mensile (9% annuo)
- Barriera: 0,0832€.
Qui entriamo più nella nostra comfort zone, abbiamo un classico Cash collect con una durata poco inferiore ai 3 anni e con una cedola mensile di €0.75, pari al 9% l’anno sul prezzo nominale. Essendo il certificato acquistabile poco sotto i €98 il guadagno complessivo analizzato si aggira attorno al 10%.
Quello che però è valutato ed è la peculiarità di questo certificato è l’enorme distanza dalla barriera. Infatti Essa si pone al 35% del prezzo di Strike, in altre parole abbiamo un cuscinetto del 60% sui prezzi attuali visto che comunque dall’emissione il titolo è ancora sceso. Pur trattandosi di telecom Italia dobbiamo mettere sul piatto della bilancia che il certificato ha un unico sottostante e una barriera veramente considerevole: A quel prezzo Telecom Italia capitalizzerebbe molto meno di qualsiasi stima fatta sulla propria rete.
A questo punto ad ognuno di voi la propria scelta.
Vi auguro un buon natale e ci risentiamo presto.
Tengo infine a precisare che, come tutti i post di questo blog, questo non vuole essere assolutamente un invito all’acquisto, bensì un analisi indipendente fatta in questi giorni dal sottoscritto.
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