Cedole settimanali per oltre il 15% con tre grandi banche

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Quest’ultima settimana sembra che la volatilità abbia leggermente ripreso fiato, anche se siamo comunque ancora sui livelli comunque bassi. Forse i mercati hanno preso atto che il ciclo restrittivo da parte delle banche centrali non è finito come ho molte volte ripetuto in articoli precedenti: Finché non vedranno un brusco arresto delle dinamiche salariali e quindi in forma più diretta dei livelli di occupazione continueranno a spingere sull’acceleratore magari facendo qualche pausa tra un rialzo e l’altro. Abbiamo già accennato al fatto che tali politiche sono giustificate da una batteria espressa nella cosiddetta curva di Philliips che sostiene che quando la disoccupazione diminuisce, l’inflazione aumenta e viceversa. Questa relazione fu notata negli studi empirici condotti in quel periodo (anni 50 del ‘900)

La curva di Phillips tradizionale suggerisce che esista una trade-off a breve termine tra inflazione e disoccupazione, implicando che una politica economica potrebbe essere in grado di influenzare l’output dell’economia spostandosi lungo la curva. Ad esempio, un governo potrebbe ridurre la disoccupazione aumentando l’inflazione, o viceversa.

Ora però concedetemi di scrivere qualche riga in più su delle recenti letture che ho effettuato e che mettono in discussione le fondamenta di tale approccio, così magari facciamo anche una piccola parte e Educational di macroeconomia.

Infatti, negli anni successivi, la curva di Phillips è stata oggetto di numerose critiche. Ecco alcune delle principali:

1. Expectations-Adaptive Critique: Secondo questa critica, le aspettative degli agenti economici riguardo all’inflazione giocano un ruolo fondamentale. Gli individui si adattano e adattano i loro comportamenti in base alle aspettative di inflazione futura. Ciò significa che una politica economica che mira a ridurre la disoccupazione aumentando l’inflazione potrebbe non funzionare a lungo termine, poiché gli individui si adattano alle aspettative e si verifica un’accelerazione dell’inflazione senza conseguente riduzione della disoccupazione.

2. Expectations-Augmented Critique: Questa critica estende l’idea delle aspettative al ruolo delle aspettative di disoccupazione. Gli individui prendono in considerazione sia l’inflazione attesa che le aspettative di disoccupazione futura nel determinare i loro comportamenti. Se le aspettative di disoccupazione aumentano, l’inflazione può diminuire anche con una disoccupazione più elevata, invalidando la relazione inversa tra disoccupazione e inflazione.

3. Critica delle aspettative razionali: Questa critica va oltre le aspettative adattive e sostiene che gli individui abbiano aspettative razionali, ovvero prendano decisioni ottimali sulla base delle informazioni disponibili. Secondo questa prospettiva, una politica economica che cerca di sfruttare la curva di Phillips non avrà successo a causa delle aspettative razionali degli agenti economici che si adattano in modo tempestivo e efficiente.

4. Critica degli shock di offerta: La curva di Phillips tradizionale si concentra principalmente sugli shock di domanda che influenzano la relazione tra inflazione e disoccupazione. Tuttavia, gli shock di offerta, come cambiamenti nei prezzi delle materie prime o crisi energetiche, possono influire sull’inflazione indipendentemente dal tasso di disoccupazione. Questi shock possono rendere instabile la relazione tra disoccupazione e inflazione e invalidare la curva di Phillips.

5. Critica dei fattori istituzionali: La curva di Phillips assume un mercato del lavoro flessibile, dove l’offerta e la domanda di lavoro si incontrano liberamente. Tuttavia, fattori istituzionali come i sindacati, le norme salariali e le politiche di negoziazione collettiva possono influenzare la relazione tra disoccupazione e inflazione. Questi fattori possono rendere la curva di Phillips meno rilevante in contesti con forti regolamentazioni del mercato del lavoro.

In conclusione, ritengo che tale teoria, bucata nelle fondamenta, sia comunque l’architrave ideologico per calmierare ogni rivendicazione di aumento dei salari. Se così è aspettatevi che queste politiche durino molto più di quanto i mercati non si aspettino.

In quest’ottica, il mio consiglio è quello di mantenersi liquidi, ma oltre certi livelli mi rendo conto che con questi tassi di inflazione la troppa liquidità sarebbe veramente difficile da sostenere. A questo punto si potrebbe pensare di rivolgere il nostro interesse verso l’unico settore che teoricamente potrebbe avvantaggiarsi dal rialzo dei tassi ossia quello bancario.

Naturalmente lo faccio con un certificato che ti presenti una barriera comunque importante e che abbia come sottostanti dei titoli ad altissima capitalizzazione, per non dire in questo caso sistemici:

  • Tipo: Memory Cash Collect
  • ISIN: CH1257341615
  • Sottostante: Goldman Sachs / Intesa Sanpaolo / UniCredit
  • Scadenza: 10/04/2026
  • Barriera: 198.14$ / 1,4373€ / 11,304€
  • Cedole: 0,3% Settimanale (15,6% Annuo)

Come potete notare abbiamo una barriera fissata al 40% dello Strike, tre titoli bancari veramente importanti sia per l’Italia che per gli Stati Uniti, ed abbiamo anche la peculiarità di avere una cedola settimanale (ammetto che è la prima volta che mi capita di vederne una).

Alla fine che conta è il rendimento annuo che pari al 15,6% ed oggettivamente una scadenza settimanale può avere anche il suo appeal!

Il titolo peggiore attualmente è Goldman Sachs e la situazione grafica è la seguente:

Come potete notare siamo molto vicini ad una resistenza di lungo periodo, anche considerato il fatto che il grafico è su un timeframe settimanale. In epoca recente quei livelli sono stati violati solo in occasione del COVID e poi sono stati sistematicamente superati nuovamente. A fronte di più del 15% di potenziale guadagno penso che un rapporto rischio rendimento sia Comunque buono per un prodotto del genere.

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