Strategia per un 10% sul petrolio

Rieccoci per un’altra settimana di investimenti. Questa è una settimana molto particolare per il sottoscritto perché c’è una bellissima novità per questo sito e che vi anticiperò a fine articolo, per cui leggete tutto fino alla fine!

Partiamo, come di consueto, da una visione generale dei mercati per la settimana appena terminata.

Mercati finanziari (13-17 ottobre 2025)

La settimana dal 13 al 17 ottobre 2025 ha visto mercati globali agitati da dati macro contrastanti e tensioni geopolitiche. Negli Stati Uniti gli indici principali hanno registrato guadagni settimanali (S&P 500 +1,9%, Nasdaq +2,2%) in scia alle aspettative di nuovi tagli dei tassi da parte della Fed e a un’ondata di rialzi nel settore tecnologico. In Europa lo STOXX 600 ha chiuso venerdì in calo dell’1%, ma ha comunque conservato un modesto guadagno settimanale (+0,4%). Il settore bancario europeo è stato sotto pressione (banche EURO STOXX −2,5%), mentre i titoli di lusso hanno brillato (LVMH ed EssilorLuxottica in rally, Continental +11% su utili). A livello globale oro e altri beni rifugio hanno beneficiato della volatilità: l’oro ha toccato record storici (intorno a $4.378/oz) spinto da timori di credito. Nel complesso i mercati hanno navigato su tonfi e recuperi: la settimana è stata caratterizzata da forti oscillazioni dovute a tensioni sui dazi USA-Cina, al protrarsi della crisi di liquidità a Wall Street (crollo delle azioni regional banks USA) e alla mancanza di dati ufficiali statunitensi a causa dello shutdown federale. La Borsa americana nel complesso ha chiuso la settimana in positivo (S&P e Dow in rialzo medio intorno all’1–2%), mentre in Europa il recupero settimanale è stato in parte bilanciato dal calo finale di venerdì.

Stati Uniti: contesto macro e mercati

Negli USA l’orientamento accomodante della Fed continua a sostenere il sentiment: dopo il primo taglio dei tassi a metà settembre, i mercati scontano nuovi rialleggerimenti entro fine anno. L’indice S&P 500 ha messo a segno una quarta settimana positiva di fila, grazie anche alla performance dei colossi tecnologici e industriali. Tuttavia venerdì scorso c’è stata una flessione a ridosso di chiusura settimanale, innescata dalle paure per il settore bancario regionale (due prestiti in frode e tensioni sul credito hanno innescato vendite sistemiche) e dalle persistenti tensioni commerciali con la Cina. Il dollaro ha perso terreno sul finire della settimana, con l’indice DXY in discesa (circa 98.2, −0.6% nella settimana), sostenuto dall’aspettativa di politica monetaria più espansiva della Fed.

Sul fronte macroeconomico il quadro è eterogeneo. L’ultimo report dei consumatori (University of Michigan) segnala un sentiment sostanzialmente stabile a 55,0 in ottobre (da 55,1 di settembre), nonostante l’avvio dello shutdown. Il rapporto indica preoccupazioni per il mercato del lavoro e l’inflazione, mentre emerge un tenore di spesa più elevato fra le famiglie a reddito più alto. Il Fed Beige Book (aggiornato al 6 ottobre) ha riportato “attività sostanzialmente invariata” e consumi trainati dai redditi alti, mentre i consumatori a reddito medio/basso cercano promozioni per fronteggiare i prezzi elevati. Questi dati confermano che l’effetto diretto dello shutdown sull’umore dei consumatori è per ora limitato, anche se il rapporto segnala un peggioramento della fiducia nei segmenti più esposti alla crisi fiscale.

Fra i dati economici settimanali, il Chicago Fed’s CARTS stima un +0,5% m/m delle vendite retail (escluse auto) a settembre, in rallentamento rispetto al +0,7% di agosto. I consumi rimangono trainati dai redditi più ricchi (che continuano a beneficiare della ricchezza finanziaria), mentre il ceto medio mostra segni di affaticamento dai prezzi importati più alti. Segnali positivi giungono invece dall’edilizia residenziale: in settembre i cantieri edili sono tornati sui massimi biennali, sospinti da ipoteche più favorevoli e un costante shortage di case. Su questo aspetto ci torneremo ancora alla fine dell’articolo perché avrà in parte a che fare con la novità di cui vi ho anticipato all’inizio dell’articolo.

Nel complesso, la settimana statunitense ha rinforzato l’idea che – a fronte di domande ancora solide e sostegno politico interno – i mercati scontano una Fed pronta ad altre mosse di stimolo a breve, giustificando i rialzi azionari recenti.

Europa: dati macro e indici di area

In Europa gli indici azionari hanno beneficiato di dati macro generalmente più rassicuranti. L’inflazione nell’Eurozona è tornata a salire lievemente: l’ultimo dato preliminare di settembre registra un +2,2% tendenziale (da +2,0% di agosto), su cui ha influito soprattutto il caro energia e un’inflazione dei servizi ancora sostenuta. Tale livello si avvicina nuovamente all’obiettivo BCE del 2%, confermando agli occhi dei mercati la decisione di tenere i tassi fermi nell’ultimo meeting.

La fiducia degli investitori nell’area euro migliora: a ottobre l’indice Sentix è salito a −5,4 (da −9,2 di settembre), meglio delle attese. I partecipanti al sondaggio (ottobre 2-4) segnalano una visione meno pessimistica, in parte perché lo shutdown USA non ha ancora inciso sui dati economici locali. Anche in Germania l’indice Sentix è rimbalzato (+4,2 punti su mese), malgrado l’output industriale ancora in difficoltà. A livello di crescita, la Commissione UE ha rivisto lievemente al rialzo le previsioni di crescita dell’Eurozona per il 2025 (ora 1,2%, grazie a una domanda interna più forte e a orientamenti accomodanti), mentre l’Italia ha presentato un progetto di bilancio 2026 con tagli fiscali e maggiori spese (impatto marginale sui mercati, che restano concentrati sulle sfide fiscali globali).

Il rafforzamento dell’euro ha sostenuto l’umore europeo. Il cambio EUR/USD si è riportato intorno a 1,17 (in rialzo settimanale) in risposta alle aspettative di un dollaro più debole. In chiusura di settimana l’attenzione degli investitori era rivolta alla pubblicazione finale delle stime di inflazione UE e a possibili commenti sui piani di politica monetaria BCE. In sintesi, i listini europei hanno chiuso la settimana in lieve progresso complessivo (pari circa al +2-3% per Euro Stoxx 50 nella settimana), con titoli ciclici e di lusso in testa, mentre la spinta è stata moderata da debolezze settoriali (banche, aerospace) e dalla cautela verso gli sviluppi globali.

Petrolio WTI: evoluzione settimanale

Il WTI (West Texas Intermediate) ha proseguito la discesa già in atto a inizio mese, tornando sui minimi di 5 mesi. Mercoledì 14 ottobre il contratto WTI ha chiuso a circa $58,70 al barile (−1,3% sul giorno), livelli inediti da maggio. Il prezzo si è mantenuto in area $58-59 per gran parte della settimana, influenzato da una combinazione di fattori macro e geopolitici: da un lato le tensioni commerciali USA-Cina (con nuovi passi indietro e minacce tariffarie) hanno frenato le prospettive di domanda; dall’altro l’International Energy Agency (IEA) ha alzato le stime di surplus mondiale per il 2026, segnalando un forte eccesso di offerta a breve termine. Inoltre i dati USA hanno evidenziato un rallentamento dei consumi (vendite retail sotto pressione) e un aumento delle scorte, alimentando pressioni ribassiste.

L’offerta continua a superare la domanda: l’OPEC+ e altri produttori stanno incrementando la produzione per compensare volatilità dei prezzi, mentre gli Stati Uniti mantengono livelli record di produzione giornaliera. Anche per questo il WTI rimane ben al di sotto dei massimi annui di $75 raggiunti ad agosto. In compenso, i capitali si sono riversati su asset rifugio: il prezzo del gold ha toccato record intraday a $4.378/oz, e il dollaro si è indebolito contro euro e yen. In sintesi, il prezzo del petrolio WTI ha evidenziato segnali di cedimento nella settimana 13-17 ottobre (minimi plurimensili), riflesso del timore di un eccesso di offerta e della debolezza della domanda globale.

Proprio in funzione dell’aumentata volatilità ho scelto un certificato che oggi presenta un buon rendimento con una barriera posizionata su un ottimo livello.

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Certificato Express su WTI

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Altra strategia da 15% sui titoli di stato USA

Questo articolo sarà molto breve, diciamo un articolo estivo, e presenterà una strategia di rimpiazzo di un certificato scaduto questa settimana appena trascorsa. Il certificato scaduto era stato presentato nell’articolo “Fare il 15% sui titoli di stato USA senza rischio cambio!” Che vi invito a rileggere. Ad ogni modo il certificato aveva come unico sottostante il fondo ProShares Ultra 20+ Year Treasury (UBT). Esso è un fondo negoziato in borsa (ETF) che mira a fornire un rendimento giornaliero che è il doppio (2x) del rendimento giornaliero dell’indice ICE U.S. Treasury 20+ Year Bond Index. L’indice include obbligazioni del Tesoro statunitense con scadenze superiori o uguali a 20 anni e un valore nominale in circolazione di almeno 300 milioni di dollari, esclusi i titoli detenuti dalla Federal Reserve.

Avendo aperto la posizione a dicembre 2023, le cedole incassate sono state 9, dopodiché essendo un softcall il certificato è stato richiamato anticipatamente.

Il certificato che segue è il rimpiazzo migliore che ho trovato:

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Rinnoviamo la strategia sul petrolio per un 11% annuo

Rieccoci qui dopo due settimane di interruzione per le vacanze estive. Un po’ di cose sono accadute in questo periodo, secondo me l’avvenimento più importante anche se non strettamente economico è stata la riunione dei BRICS in Sud Africa. L’evento è stato un po’ snobbato dai media occidentale invece in futuro lo ripenseremo come uno dei momenti in cui gli effetti politici ed economici globali hanno preso una certa direzione. Magari ne parleremo più approfonditamente in qualche altro post futuro, due aspetti però ci tengo a sottolineare:

1) se tale Club dove si estendersi anche alla Arabia Saudita e all’Iran (da vedere assieme queste due nazioni è una novità epocale), sommando il Brasile e Russia avremmo i maglioni produttori di petrolio tutti assieme, una specie di opec ristretto.

2) se nel lungo termine dovesse realizzarsi l’adozione di una moneta di scambio alternativa al dollaro (cosa che non avverrà sicuramente dall’oggi al domani) saremo sicuramente costretti a rivalutare quali saranno le direzioni future dei flussi di capitali.

Ora torniamo agli aspetti più operativi.

A metà giugno avevo proposto la strategia sul petrolio con il titolo “Guadagnare anche se i prezzi scendono? Si può: 15% sul petrolio“. Tale strategia sia rilevata anche più proficua di quanto pensato visto che il certificato è stato rimborsato anticipatamente proprio questa settimana realizzando quindi il guadagno della conto capitale prima della scadenza naturale.

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Guadagnare anche se i prezzi scendono? Si può: 15% sul petrolio

Come riassumere la settimana appena trascorsa? A vedere l’andamento delle quotazioni azionarie si dovrebbe dire più che bene! Il mio scetticismo però rimane forte, a tal merito riporto lo stralcio di un report di un progetto immobiliare a New York di cui sono anch’io un’azionista di minoranza:

<< We have been informed that the buyer of the unit **** has been unable to obtain a mortgage from the bank, which means they will not be able to proceed with the purchase of the apartment. This results in the capital generated from sales not being sufficient to repay both the loans and the invested capital from you, the investors.

The company also informs us of a slowdown in sales over the past two months. Data regarding the Brooklyn real estate market shows a 40% decrease in sales compared to the same quarter last year. This decline is largely attributed to historically high interest rates in the past 10 years. >>

Naturalmente non interpretate male la frase “not being sufficient to repay both the loans and the invested capital”, si tratta infatti di un estratto e se si leggesse tutto il resto delle volte significa che il fondo Non può essere liquidato nei termini prestabiliti ma semplicemente bisognerà ulteriormente aspettare che il resto delle unità venga venduto affinché il capitale venga restituito ai soci.

Inoltre non voglio neanche far apparire la situazione di un singolo progetto immobiliare a New York come un dato statistico generale ed incontrovertibile, rimangono però forti i segnali che la politica monetaria scellerata sia della FED che della BCE stia già facendo all’economia reale molti più danni di quanto venga percepito dai mercati.

Forse sarò ripetitivo ma in questa situazione affidarsi a strumenti come quelli dei certificati è sicuramente una soluzione estremamente intelligente. Oggi vi voglio portare il caso di un certificato sul petrolio che ho presentato poco meno di un anno fa, sto parlando di “Come ottenere quasi il 20% in un anno dagli attuali prezzi del petrolio

Il certificato scaderà la prossima settimana ma io sono già uscito nella giornata di giovedì scorso, penso che poco cambi ai fini del discorso generale. Dalla sua data di emissione di prezzo del crud oil ha visto arretrare i propri prezzi fino a meno 35%, malgrado ciao il certificato ha espresso un rendimento di poco inferiore al 20% proprio come avevo ipotizzato nell’articolo stesso. Questo guida il senso concreto di quale sia la asimmetria tra investire direttamente sul sottostante o tramite un certificato.

E cosa si fa ora? Si reinveste il capitale rimborsato ed eventualmente anche le cedole incassate (dipende dalla vostra filosofia di investimento) su un certificato simile ma che per forza di cose aveva una barriera più bassa proprio perché le quotazioni del petrolio in questo periodo sono scese in maniera considerevole.

Vediamo quindi il nuovo prodotto:

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Come ottenere quasi il 20% in un anno dagli attuali prezzi del petrolio

Viviamo in un paese estremamente strano, con un presidente del consiglio (il migliore dei migliori sia lodato) che si dimette pur avendo ottenuto la fiducia dalla maggioranza, allo stesso tempo pur essendo un paese che si autodefinisce democratico ci vengono presentate le elezioni come se fossero una delle piaghe d’Egitto.

Visto che ritengo che ci sia vita anche dopo il governo draghi ed ho anche il sospetto che, da qui a mercoledì, ci possa essere un ulteriore operazione di svuotamento dei parlamentari 5 stelle che porterà a dire che salta la maggioranza dei 5 Stelle non può più parte di cui gruppo parlamentare per cui si può andare avanti piccola ho deciso di rientrare sulla posizione presentata nello scorso post.

Altro tema della settimana e la parità tra euro e dollaro. Vi ricordate quando nel lontano 2017 scrissi un post intitolato l’insostenibile forza dell’euro? Era un cambio pari a 1,20 circa e sostenevo come la be non potesse nulla contro l’inflazione ed aggiungevo: “Riteniamo che la divergenza tre le politiche monetarie tra la BCE e la FED sia tale che un ulteriore apprezzamento dell’euro sia limitato”. A distanza di 5 anni sembra che le cose non siano cambiate affatto.

Dopo una doverosa introduzione riguardo gli argomenti più legati all’attualità, vediamo alla segreteria di oggi che svolge una materia prima sulla bocca di tutti: Il petrolio. Iniziamo con il dare la descrizione del prodotto:

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