BPER Banca per oltre il 10% annuo

L’attuale scenario internazionale si configura come un complesso intreccio di politiche commerciali, tensioni geopolitiche e sfide economiche, in cui le scelte in ambito tariffario e monetario stanno tracciando la rotta di una nuova era post-bellica. Da un lato, l’amministrazione Trump ha cercato di imporre un regime di tariffe “reciproche” – riassunto nella celebre formula “Whatever Countries charge the United States of America, we will charge them – No more, no less!” – con l’obiettivo di replicare le misure commerciali adottate dagli altri Paesi. Tale strategia non si limita a colpire le tariffe classiche, ma si estende anche alle barriere non tariffarie, come i sussidi sleali, i regolamenti discriminatori e, in particolare, l’IVA, che in Europa raggiunge una media del 21,8%. Questa misura potrebbe avere ripercussioni notevoli sul commercio internazionale, evidenziando una profonda divergenza di approcci tra la leadership statunitense e quella europea, dove la frammentazione dei governi nazionali complica una risposta unitaria.

Parallelamente, il panorama economico è segnato dall’evolversi della dinamica inflazionistica in un dopoguerra che, a differenza dei precedenti, non garantisce un immediato ritorno alla stabilità dei prezzi. Sebbene la tradizione storica suggerisca che la pace porti a una disinflazione, l’esperienza degli Stati Uniti nel 1946-47 ha dimostrato come il passaggio dalla guerra alla pace possa innescare ondate inflazionistiche significative. Oggi, l’inflazione statunitense si attesta attorno al 3% – con un’attenzione particolare alla componente core che raggiunge il 3,3% – evidenziando che il decollo dei prezzi, pur moderato, è un fenomeno da monitorare attentamente per evitare un’autoalimentazione delle aspettative inflazionistiche.

Un’immagine che mi è stata inviata da una persona che stimo molto, mi ha fatto notare un’analogia inquietante con l’andamento dell’inflazione degli anni ‘70. Meditate gente, meditate:

Il contesto geopolitico aggiunge ulteriori complessità: mentre gli USA avanzano nel loro dialogo diretto con attori come Putin, escludendo l’Europa da certi canali di negoziazione, quest’ultima si trova a dover rinegoziare non solo le proprie politiche tariffarie ma anche a fronteggiare la necessità di un riarmo e di un incremento della spesa militare. La pressione degli Stati Uniti, che richiede all’Europa un impegno in termini di capacità difensiva, si accompagna alla prospettiva di sanzioni tariffarie in caso di mancata collaborazione. Allo stesso tempo, sia in Europa che in altre grandi economie, l’espansione della spesa pubblica per armamenti e per la ricostruzione post-conflitto viene finanziata principalmente attraverso l’indebitamento, in un contesto politico in cui nuove tasse risultano impopolari e difficili da introdurre.

In definitiva, il mosaico internazionale si presenta come una rete intricata di decisioni strategiche, dove le politiche protezionistiche e le misure di stimolo economico devono bilanciarsi per contenere l’inflazione senza frenare la crescita. Le banche centrali, da parte loro, sembrano disposte a tollerare un’inflazione attorno al 3% per sostenere il percorso di espansione, pur rimanendo vigili sul rischio di un’ulteriore divergenza delle aspettative. Tale equilibrio delicato tra commercio, sicurezza e politica monetaria definisce la sfida di un dopoguerra che si distingue nettamente dalle esperienze passate.

Data questa situazione, io sto aumentando ancor di più la componente di liquidità o liquidabile in poco tempo. Per il resto apro solo posizioni tattiche come quella di seguito.

Prima, come al solito, vi ricordo che chi volesse contribuire al proseguimento di questo blog, lo può fare in vari modi. Il primo è più efficace è quello di effettuare una donazione tramite Go Fund Me o Buy Me Coffee. Poi potete iscrivervi alla mailing list qui a destra, potete “valorizzare” le inserzioni pubblicitarie che vi vengono presentate ed infine potete diffondere gli articoli tramite i social network a cui siete iscritti. Ogni contributo è un piccolo mattoncino per l’indipendenza di questo blog.

In particolare, mi sto concentrando sul fenomeno dell’aggregazione bancarie ed il prodotto che ho selezionato è il seguente:

Continua a leggere…

I titoli di stato USA per oltre il 13%

La Banca Centrale Europea ha deciso di ridurre i tassi d’interesse di 25 punti base, portando il totale dei tagli a 125 punti base. Il tasso sui depositi è ora fissato al 2,75%, segnando una divergenza rispetto alla Federal Reserve, che ha scelto di mantenere invariata la propria politica monetaria. Questa scelta della BCE riflette la debolezza dell’economia europea, con i dati sul PIL del quarto trimestre 2024 che mostrano una contrazione dello 0,1% in Francia, dello 0,2% in Germania e una crescita nulla in Italia, segnalando una fase di stagnazione.

Christine Lagarde ha riconosciuto che l’inflazione nel settore dei servizi rimane elevata, ma si è detta fiduciosa in un rallentamento della crescita salariale, uno dei principali fattori di pressione sui prezzi. Gli investitori attendevano indicazioni sulla traiettoria futura dei tassi sia in Europa che negli Stati Uniti, e da entrambe le banche centrali è emerso che i tassi restano in territorio restrittivo, lasciando intendere che il ciclo di riduzioni non sia ancora concluso. Negli Stati Uniti si stima un livello di equilibrio intorno al 3%, mentre in Europa Lagarde aveva in precedenza indicato un intervallo compreso tra l’1,75% e il 2,25%. Il 7 febbraio, la BCE pubblicherà un’analisi su questo tema, sebbene si tratti di un concetto teorico, in quanto il livello preciso dei tassi di equilibrio resta incerto.

Negli Stati Uniti, la crescita economica ha deluso le aspettative: il PIL è aumentato del 2,3%, contro il 2,7% atteso. Tuttavia, i mercati non hanno reagito negativamente, grazie alla solida espansione dei consumi, in crescita del 4,2%. Il rallentamento è stato determinato da un calo degli investimenti privati e delle esportazioni, portando la crescita complessiva del PIL per il 2024 al 2,8%, leggermente inferiore al 2,9% registrato nel 2023.

Sul fronte del commercio internazionale, Donald Trump ha confermato l’imposizione di tariffe del 25% su 900 miliardi di dollari di importazioni dal Canada e dal Messico, a partire da domani. Tuttavia, potrebbe escludere il petrolio da queste misure, riducendone così l’impatto complessivo. La reazione dei mercati è stata piuttosto contenuta. Anche nei confronti della Cina potrebbero essere introdotte nuove tariffe, con un’aliquota ipotizzata intorno al 10%.

Nel frattempo, i titoli tecnologici cinesi stanno registrando performance positive, grazie a un atteggiamento meno aggressivo di Trump nei confronti di Pechino e ai progressi nel settore dell’intelligenza artificiale. Alibaba, in particolare, ha guadagnato oltre il 21% dall’inizio dell’anno, dopo aver annunciato un modello di intelligenza artificiale che ha superato le prestazioni di quelli sviluppati da Meta e DeepSeek.

Nella settimana appena conclusa ho trovato un certificato veramente interessante che forse ha un unico difetto: è in bid-only, ossia il liquidity provider (Leonteq Securities) acquista solamente ma non vende più. Malgrado ciò il certificato ha comunque una buona liquidità perché diversi retail continuano a scambiarlo. Io personalmente sono riuscito ad acquistarne un po’ proprio una paio di giorni fa a 1006€.

Prima, come al solito, vi ricordo che chi volesse contribuire al proseguimento di questo blog, lo può fare in vari modi. Il primo è più efficace è quello di effettuare una donazione tramite Go Fund Me o Buy Me Coffee. Poi potete iscrivervi alla mailing list qui a destra, potete “valorizzare” le inserzioni pubblicitarie che vi vengono presentate ed infine potete diffondere gli articoli tramite i social network a cui siete iscritti. Ogni contributo è un piccolo mattoncino per l’indipendenza di questo blog.

Vediamo quindi ora i dettagli del certificato:

Continua a leggere…