Forse la notizia non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato,
perlomeno nei mass media generalisti, ma a mio avviso la “trattativa
esclusiva con il Mef” per cedere la parte buona di Monte dei Paschi
di Siena ad Unicredit. Ora mi perdonerete la sommarietà con cui
riassumo la vicenda ma secondo me certe vicende possono passare
inosservate o quasi solo in Italia.
L’allora ministro
dell’economia e finanza Padoan salva MPS con un aumento di capitale
sostanzialmente interamente sottoscritto dallo stato (alias noi
contribuenti). Bene, giusto, non si poteva fare altrimenti. A questo
punto lo stato impone un nuovo piano? Destina la banca di sua
proprietà a qualche scopo di utilità collettiva? Macché, meglio
continuare come prima.
Nel frattempo però
qualcosa succede: ci sono le elezioni, il sig. Padoan si fa eleggere
proprio nel collegio sicuro di Siena ma poco dopo trova di meglio da
fare che il senatore per cui è stato eletto, visto che gli arriva
una bella proposta da Unicredit di andare a fare il presidente.
Saranno coincidenze?
Fatto sta che chi a speso soldi pubblici per acquisire la banca ora
“lavora” per chi sostanzialmente oggi deciderà cosa prendere e
cosa no ed a che prezzo. Dulcis in fundo, l’acquirente, oltre che
scegliersi gli asset più redditizi, ha già fatto sapere di non
volersi accollare i possibili risarcimenti che potrebbero scaturire
dalle azioni legali tutt’ora in corso.
Qui siamo oltre la
socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti. A me
torna in mente una delle scena finali dell’Opera da tre soldi di
Bertolt Brecht e Kurt Weill in cui Mackie Messer, ormai sulla forca
dice:
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