Un investimento alternativo ai BTP

Non so voi ma ora con i ministeri della sovranità alimentare e della natalità sono veramente più tranquillo, probabilmente riusciremo ad invertire la curva demografica poi scendo nascere i bambini sotto un cavolo. Perdonatemi l’ironia ma quando apprendo di certe scelte ed ad esempio vedo scomparire il ministero della digitalizzazione è lampante l’inadeguatezza dell’attuale classe dirigente.

Da tempo ormai sono praticamente quasi del tutto scarico per quanto riguarda i titoli di Stato, posizioni dei miei che avevo accumulato negli anni 2012 2013. Mi è rimasto un BTP a scadenza 2026, per essere più precisi, novembre 2026 ossia praticamente 5 anni. Attualmente il rendimento dei BTP a 5 anni è poco sopra il 3%, viste le attuali politiche monetarie delle banche centrali su cui mi sono soffermato ampiamente negli scorsi post e viste, a mio del tutto opinabile avviso, le non rosee prospettive per questo paese non ha proprio più senso tenersi in pancia due femmine prodotto per vederlo sicuramente deprezzato nei prossimi due anni. Scavalcati i 2 anni le cose potrebbero essere diverse poiché sotto i 3 anni la curva dei rendimenti è ancora ripida va da qui a 2 anni è difficile fare questo tipo di previsioni sia per disabilità politica italiana sia per le nuove politiche monetarie. A questo punto tanto vale alzare un pochino l’asticella del rischio ma andare in cerca di un rendimento doppio rispetto a quello che un BTP può rendere.

A costo di sembrare monotono, ma la monotonia è positiva nel campo degli investimenti, vi presento un altro certificato molto interessante con un profilo di rischio a mio avviso molto basso e che ha come sottostanti tre indici: FTSE-MIB, NASDAQ e Nikkei.

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Un investimento per molti scenari, inflazione o no, per un 13.4%

Settimana all’insegna della volatilità, soprattutto le due ultime sedute in cui nella giornata di giovedì nel Nasdaq è riuscito a passare da -3% a 2,5% nell’arco di una sola seduta. Ciò che è successo è che lo stesso dato legato all’inflazione è stato interpretato in due modi diversi, in altre parole gli operatori hanno riflettuto meglio su quello che significava quel dato e hanno connetto la rotta in corso d’opera. Nella giornata di venerdì ci siamo rimangiati gran parte di quel rialzo.

Al mio avviso bisogna abituarsi a questo tipo di situazioni poiché ci troviamo in un momento in cui due forse dominanti si oppongono tra loro: La prima è quella delle banche centrali che imperterrite proseguono nel tentativo di distruzione della domanda al fine di abbassare il tasso di inflazione, la seconda è data dal livello attuale dei pezzi che cominciano ad essere guida mente interessanti e probabilmente scontano già almeno un anno o due di recessione. Per cui da un lato gli investitori cominciano ad essere ingolositi nel vedere prezzi così a buon mercato, dall’altra sono intimoriti da quanto ancora le banche centrali persevereranno nella loro politica restrittiva.

È proprio in uno scenario del genere che sono entrato nel seguente certificato:

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Recuperare le perdite del titolo Enel: si può anche raddoppiare il capitale

Ulteriore settimana di forti ribassi sugli indici azionari, sia le politiche monetarie sia la retorica nelle banche centrali sta disprezzando tutti i listini sia in America sia nel resto del mondo. Non fa certo eccezione l’indice italiano anche se nell’ultima settimana è andato meglio dei suoi omologhi europei. Il portafoglio Italia si è mosso sostanzialmente in linea con l’indice benché nell’ultima settimana sia stato più penalizzato a causa nel suo sovrappeso nel comparto delle utility.

Colgo l’occasione per rispondere anche ad un lettore che mi chiedeva qualche aggiornamento sullo stesso Portafoglio Italia dicendo che con tutta probabilità la prossima settimana farò un approfondimento specifico, ma già questo post in qualche modo riguarda il Portafoglio Italia.

Infatti come ho già accennato poco sopra i titoli più penalizzati all’interno nel portafoglio sono stati ultimamente proprio quelli delle utility ed in particolare il titolo Enel. Al di là del Portafoglio Italia, immagino che in un modo o nell’altro molti di voi saranno in qualche modo investiti su questo titolo, sia perché è stato sempre considerato un titolo difensivo sia perché è il titolo a maggior capitalizzazione del MIB. Oggi lo troviamo a dei livelli immaginabili fino a poco tempo fa. Io rimango comunque dell’idea che a questi livelli un titolo come Enel sia largamente sottovalutato e che, anche se con estrema prudenza, possa valer la pena cominciare ad accumulare il titolo. Per chi invece volesse una strategia un po’ più sofisticata che permettesse di guadagnare di più a fronte di un rialzo anche contenuto di Enel propongo la seguente strategia:

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Barriere sicure e cedole alte, oggi si può

Non c’era da fidarsi del rimbalzo di due venerdì fa e la settimana appena trascorsa ne ha dato la conferma.

Rimango dell’opzione che ormai le banche centrali sono entrate nella mentalità fondamentalista del rialzo dei tassi costi quel costi (un whatever it takes al contrario) anche massacrando completamente la domanda benché è evidente che i problemi siano tutti nell’offerta in un mondo che sta rapidamente cambiando. Quindi in un momento in cui sarebbero necessari forti investimenti nei paesi occidentali (energie rinnovabili e semiconduttori in primis), si riduce la massa monetaria. Auguri e si salvi chi può mi verrebbe da dire.

Fortunatamente l’aumento inevitabile della volatilità sta permettendo agli emittenti di costruire prodotti sempre più interessanti, impensabili fino a poco tempo fa.

Il certificate che riporto di seguito è, a mio avviso, un’ottima opportunità ed anche un’alternativa alla liquidità che inevitabilmente è soggetta a svalutazione causata dall’inflazione.

Naturalmente ogni prodotto ha il suo rischio e nessuno ne è privo, ma quello che segue ha barriere poste al 40% del prezzo iniziale, ossia una distanza del 60%.

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Aspettando un ribasso per un +13,2% annuo

La settimana appena terminata era iniziata coerentemente con quanto pronosticato nel precedente post, ossia con un rialzo del prezzo del gas che ha inizialmente portarlo giù tutti i listini azionari. La conclusione della settimana Ammetto che mi ha colto di sorpresa facendo segnare un rally in più viso delle quotazioni proprio il giorno seguente alla notizia dell’aumento di 75 punti base dei tassi di interesse da parte della BCE. Vedremo nelle prossime sedute se tale forza persisterà o se siamo dentro ad un rimbalzo in un trend comunque discendente.

Ciò che mi preme sottolineare è che se nei prossimi giorni il rialzo delle quotazioni fosse dovuto notizie di un cambiamento dei rapporti di forza sul fronte di guerra bisogna essere cauti per due importanti ragioni. La prima è che in guerra le notizie vanno sempre prese con le pinze, soprattutto quelle sull’inerzia delle operazioni militari poiché è sempre difficile distinguere la notizia dalla propaganda. La seconda è ancora più importante: Se veramente l’inerzia militare si spostasse a favore dell’esercito ucraino significherebbe che alla Russia non rimarrebbe altro che la guerra economica basata sulle commodities energetiche ed alimentari andando così ulteriormente ad aggravare la situazione dell’Europa dell’ovest quella economicamente più avanzata, Germania in primis.

Ricordo infine che, a differenza delle guerre fatte dagli USA (alias NATO) che si sono svolte dall’altra parte del mondo rispetto agli stessi Stati Uniti e che gli hanno permesso di ritirarsi senza alcuna ripercussione ogni qualvolta la guerra stessa diventasse inutile o troppo dispendiosa, la Russia lì è e percepisce questo conflitto come cruciale per la propria esistenza. Pensare che la situazione si possa risolvere come prima del 24 febbraio è una pia illusione. La storia dovrebbe insegnare qualcosa e la guerra in Cecenia dovrebbe insegnarci che per quanto sanguinosa e dispendiosa possa essere, se la Russia percepisce una minaccia alla propria esistenza, va comunque avanti.

In questo contesto io stavo (e lo sto ancora facendo) monitorando il seguente certificate:

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Altra strategia sui farmaceutici per oltre il 12%

Eccoci all’ultimo post prima delle vacanze estive. I mercati in queste ultime settimane mi sembra stiano tentando una fase di consolidamento che in alcuni casi si è rivelata anche come un piccolo rimbalzo. Mi sbilancio subito nel dire che la crisi tra USA e Cina è molto sottovalutata, ennesima evidenzia di come gli operatori di mercato siano, per la maggior parte, provvisti di cognizione storico / geopolitica. A mio avviso lo scontro in altro è solo il preludio di un riequilibrio dei poteri che si posteremo negli anni a venire.

Già nei prossimi mesi vedremo se tale analisi sarà smentita dai fatti.

In questo contesto finisco quindi aumentare la mia liquidità piuttosto che rischiare ulteriormente capitale. Malgrado ci sono delle occasioni che vanno comunque monitorate, soprattutto quelli che presentano un profilo di rischio estremamente basso. Il prodotto che segue è uno di questi:

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Come ottenere quasi il 20% in un anno dagli attuali prezzi del petrolio

Viviamo in un paese estremamente strano, con un presidente del consiglio (il migliore dei migliori sia lodato) che si dimette pur avendo ottenuto la fiducia dalla maggioranza, allo stesso tempo pur essendo un paese che si autodefinisce democratico ci vengono presentate le elezioni come se fossero una delle piaghe d’Egitto.

Visto che ritengo che ci sia vita anche dopo il governo draghi ed ho anche il sospetto che, da qui a mercoledì, ci possa essere un ulteriore operazione di svuotamento dei parlamentari 5 stelle che porterà a dire che salta la maggioranza dei 5 Stelle non può più parte di cui gruppo parlamentare per cui si può andare avanti piccola ho deciso di rientrare sulla posizione presentata nello scorso post.

Altro tema della settimana e la parità tra euro e dollaro. Vi ricordate quando nel lontano 2017 scrissi un post intitolato l’insostenibile forza dell’euro? Era un cambio pari a 1,20 circa e sostenevo come la be non potesse nulla contro l’inflazione ed aggiungevo: “Riteniamo che la divergenza tre le politiche monetarie tra la BCE e la FED sia tale che un ulteriore apprezzamento dell’euro sia limitato”. A distanza di 5 anni sembra che le cose non siano cambiate affatto.

Dopo una doverosa introduzione riguardo gli argomenti più legati all’attualità, vediamo alla segreteria di oggi che svolge una materia prima sulla bocca di tutti: Il petrolio. Iniziamo con il dare la descrizione del prodotto:

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Un approccio innovativo e più sicuro per un 9% annuo

Oggi partiamo da un vecchio post del settembre del 2018 intitolato “Un certificato che è una fenice“. A distanza di poco meno di 4 anni possiamo apprezzare come questo certificato abbia svolto egregiamente la propria funzione di protezione e contemporaneamente di generatore di profitti: Infatti a fronte di una caduta di Eni di poco meno delle 30% il certificato ha guadagnato il 10% ogni anno più un altro 2% di sconto capitale visto che eravamo entrati a 980€. L’ultima rilevazione della barriera è stata effettuata il 4 luglio mentre il certificato verrà rimborsato questa settimana. Benché non esiste un prodotto che vada bene per ogni occasione è per ogni condizione di mercato voglio sottolineare ancora una volta come in un arco temporale di 4 anni si sia verificata una notevolissima asimmetria di rendimento tra sottostante e certificato stesso, ripeto: Un minuto del titolo a fronte di un più 40% del certificato, non male che dite?

Ora teoricamente si pone la questione di Come rivestire la liquidità così generata. Premetto in questa fase di mercato, come ripeto da tempo, tenersi più liquidi del solito non è sicuramente una cattiva idea. Invece hanno già una cospicua liquidità e quindi vogliono investire quanto incassato alla scadenza del certificato ho trovato un nuovo prodotto che mi ha conquistato per una caratteristica decisamente innovativa. Iniziamo con il presentare i suoi dati:

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Come non perdere ma senza rinunciare ai futuri rialzi

Inizio subito scusandomi per la prolungata assenza ma vi assicuro che non ho potuto fare altrimenti.

Vi avevo promesso una strategia che impedisse di perdere il capitale ed ogni promessa è debito, quindi ecco il prodotto.

Questo prodotto fa parte di una categoria di certificate denominati “a capitale protetto”. Questa tipologia è tornata in auge ultimamente grazie all’aumento dei tassi d’interesse che hanno permesso di ottenere dei rendimenti accettabili anche a fronte di una protezione totale.

Il meccanismo è piuttosto semplice: il certificate verrà comunque rimborsato a prezzo d’emissione a prescindere dall’andamento del sottostante. Lo strike invece serva a determinare il prezzo di rimborso in caso di salita del sottostante, od in altre parole, consideriamo lo strike solo nel caso in cui il prezzo del sottostante è superiore ad esso e calcoliamo la distanza per calcolare quanto abbiamo guadagnato. La barriera è invece posta sopra lo strike e determina il livello massimo di guadagno. Se volete è un po’ un paradigma inverso a quello a cui siamo normalmente abituati con gli altri certificate. L’esempio che vi riporto di seguito vi chiarirà le idee:

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La tecnologia come rimedio alla follia della BCE: +14%

Le sedute di giovedì e venerdì sono state due giornate di ordinaria follia. L’aspetto più grave è che tale follia si è stata scaturita dalla istituzione che dovrebbe invece stabilizzare il sistema economico e finanziario vale a dire la Banca Centrale Europea. I giornali hanno imputato tali brusche discese degli indici azionari all’annuncio della Lagarde di un doppio innalzamento dei tassi di interesse nei prossimi mesi. Ciò è vero solo in parte, infatti il mercato scontava già un rialzo dei tassi di interesse, la vera mazzata è arrivata con l’annuncio della fine della degli acquisti netti dei titoli di Stato, o meglio la dismissione del programma App dal 1 luglio 2022.

Solidalmente all’annuncio del rialzo dei tassi gli unici titoli che ne beneficiano Sono proprio quelli bancari, questa volta è successo l’esatto contrario: I titoli bancari sono stati i peggiori ed hanno trascinato con loro tutto l’indice MIB.

Questa è l’ulteriore conferma di quanto la politica monetaria della Banca Centrale Europea sia sfasata rispetto agli obiettivi che si deve porre: Sono passati 10 anni dal famoso Whatever it takes di Mario Draghi in cui è stato inaugurato il periodo di politica monetaria espansiva nell’area euro, malgrado ciò fino a pochi mesi fa non si è vista traccia di inflazione. Guarda caso l’inflazione si è alzata alla fine (presunta) di una pandemia ed alla crisi geopolitica più importante del secolo.

Conclusione: le politiche monetarie nulla hanno potuto quando si doveva alzare l’inflazione e poco potrà per il suo ribasso, questo per il semplice motivo che questa non è un’inflazione generata da eccessiva liquidità, bensì di scarsità di offerta rispetto alla domanda (e le ultime sanzioni hanno aggravato la situazione).

Quindi laddove servirebbe un maggiore impiego di investimenti per superare ad esempio l’aumento dei costi dell’energia o della scarsità di semiconduttori si costringerà gli stati ad attuare le ben note politiche restrittive che tanto bene hanno fatto negli anni passati.

Qui mi fermo perché il discorso ci porterebbe lontano, faccio solo notare che in questa situazione il vero cruccio del governo dei Migliori è la legge sulle concessioni balneari.

Non è un caso che ho parlato di semiconduttori, infatti ho deciso che per un po’ di tempo concentrerò la mia attenzione su quei settori indispensabili per l’economia e preferibilmente oltre oceano, il prodotto di seguito ne è un esempio:

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